1. L’avvio di questa apostrofe all’Avarizia riecheggia Virgilio,
Aen. III 56-57: «Quid non mortalia pectora cogis / auri sacra fames?»; non
senza, forse, qualche ricordo della relativa imitazione dantesca, in Purg.
XXII 40-41: «Perché non reggi tu, o sacra fame / de l’oro, l’appetito de’
mortali?». Le considerazioni sulla inarrestabile potenza dell’Avarizia,
intesa come ingorda fame d’avere, che costituiscono il proemio di questo
canto, valgono come una morale anticipata (lo avverte l’A. stesso in
5,3-6) delle due amare novelle che seguono, e che intendono mostrare
quanto siano fragili, di fronte alle tentazioni appunto dell’Avarizia, le
virtù apparentemente più nobili e salde sia delle donne che degli uomini.